I di INTEGRAZIONE
Giunte alla I, il nostro l’alfabeto della gentilezza per le relazioni di comunità accoglie la parola integrazione con l’intenzione di ricollegarla a quella sfumatura della sua etimologia – cara alla biologia - che ci parla di completezza.
Nella nostra nebulosa della gentilezza, l’identificazione della parola integrazione si dimentica delle idee di normalizzazione, adattamento, omogeneizzazione, virando senza fatica verso un’idea di comunità nella quale il riconoscimento della diversità - atto che precede l’integrazione - non è mera osservazione, bensì risonanza con l’altro ed empatia
La gentilezza non è forse energia positiva e connessione?
La gentilezza non è davvero sguardo interessato, curioso, accogliente e attento verso l’altro?
Ne siamo convinte.
Ecco che allora proprio la gentilezza potenzia e spinge verso la valorizzazione della diversità di singoli elementi e non esiste se non in quel noi fatto di parti che hanno la meravigliosa opportunità di rendersi complete aggiungendo a sé l’altro.
La gentilezza è un momento di “connessione umana” ci ricorda la psicoterapeuta e autrice di The Kindness Cure, Tara Cousineau; intenzionale, aggiungiamo noi.
Dunque, in questa dimensione di empatica vicinanza, l’atto consapevole dell’integrare sposta l’asse del volere verso quel vedere proprio nel fuori da noi non un rischio di perdita di identità o potere personale, bensì un’opportunità di arricchimento, bellezza e progresso che fa bene agli individui e alle relazioni di comunità.
Valeria Pruzzi