T di TOLLERANZA


Avvicinare la parola tolleranza alla parola gentilezza, può non essere un processo immediato. Almeno per noi.

Dal punto di vista etimologico, il termine tolleranza deriva dal latino “toleràre”, che vuol dire sostenere, resistere (un peso per esempio) ma anche sopportare. Difficile davvero vedere il dispiegarsi della gentilezza in una relazione caratterizzata da faticosa e presumibilmente malcelata sopportazione per l’altro.

In senso più ampio però tollerare significa anche avere un atteggiamento di rispetto e di apertura verso le persone che, in qualche modo, non ci assomigliano.

Ecco che allora, spazzato via quel retrogusto amaro che sa di pena e compatimento, tolleranza e gentilezza ci appaiono nel loro significato contiguo al sapore di ascolto, inclusione, rispetto. In altre parole, anche quando non si condividono gli stessi pensieri, le stesse opinioni e lo stesso modo di guardare il mondo, la tolleranza ci sostiene e ci guida all' avvicinamento autentico, se mai curioso e accogliente, a ciò che non ci appartiene.

Allenare il muscolo della tolleranza, che non vuol dire accettare le ingiustizie o abbandonare le proprie convinzioni, ci consente dunque di allenare la disposizione a “comprendere l’altro” ascoltandone le ragioni, vagliandone i motivi senza per questo perdere il proprio centro, pronti e pronte a sostenere senza rancore o rabbia il nostro mondo interiore ed il nostro pensiero.

Nella spinta alla comprensione dell’altro e dunque nella tolleranza, possiamo scoprire uno strumento di crescita che ci facilita nella creazione di un’identità, individuale o di gruppo, più ricca, che non lascia nessuno in uno stato di solitudine ed estraneità.

Valeria Pruzzi